COVID 19

di Massimiliano Venturini

Covid 19, pandemia, lockdown, Conte sì Conte no, i bollettini. Dallo scorso 8 marzo – quando iniziò il primo lockdown per 70 giorni – siamo sommersi da parole che circoscrivono la realtà della pandemia, che oggi è l’unica realtà. Il mondo si è messo a letto in attesa. Abbiamo scoperto l’esistenza di medici ricercatori – i virologi – di cui ignoravamo perfino le competenze. Termini medici e scientifici sono entrati nel vocabolario quotidiano, nel tentativo di esorcizzare la minaccia invisibile.

Al momento in cui andiamo in stampa l’Italia registra a livello regionale azioni di contenimento della pandemia, secondo i parametri forniti dal CTS e quindi dal governo. Evidente il gioco politico di evitare l’assunzione di responsabilità, criticabili più o meno legittimamente da opposizione e parti sociali.

Era prevedibile questo disastro, magari ai tempi del primo virus Sars 13 anni fa? Era possibile attraverso studi predittivi intercettare in tempo la minaccia e predisporre misure di contrasto? Cercare responsabilità in questo senso è un esercizio sterile. Perché per poter eseguire studi predittivi servono tempo e risorse. Si chiama fare ricerca di base.

Se ne fece qualcosa? Pare di no, o forse era davvero impossibile predisporre una soluzione (ricordate? All’inizio della pandemia si disse chiaramente che dai virus del tipo Corona non si ricava alcun vaccino). Prendersela con i vari esecutivi che si sono succeduti in Italia non ha senso.

Ad oggi in Europa i fondi destinati alla ricerca di base sono molto inferiori rispetto agli stanziamenti di Stati Uniti e Cina, anche a causa della composizione disomogenea dell’Unione. Parliamo del 3% del Pil dell’Unione Europe, a fronte dei contributi a doppia cifra dei due colossi extraeuropei.

Anche dal punto di vista economico, culturale e sociale vedremo i costi reali tra qualche anno. Pensiamo alla svalutazione che le attività produttive costrette allo stop subiranno senza rimedio. Nei talk show si sente dire “bisogna sapersi reinventare”: il che vuol dire che attualmente le competenze di ciascuno di noi valgono zero, sarà il mercato a decidere se hai valore sotto altra forma, diversamente….Meglio non pensarci. A meno di abbracciare la formula del reddito di cittadinanza.

“Con la cultura non si mangia” disse il ministro dell’Economia Giulio Tremonti durante il governo Berlusconi. Una sentenza che riduce la parola cultura (= per i latinisti, perifrastica attiva dal significato “ciò che è opportuno coltivare, onorare”) all’intrattenimento forse, al cinema e alla musica. Come se l’arte non richiedesse tanto studio quanto una carriera di successo, con il rischio forse ancora più certo di vedere il proprio talento non riconosciuto.

“Mala tempora currunt” è il caso di dirlo. Cercare complotti, organizzare rivolte come a Torino, Verona, strumentalizzando in alcuni casi la buona fede di chi chiede il ritorno alla normalità è pericoloso. Nel mio piccolo, applico comportamenti ragionevoli quanto meno per non generare ulteriore preoccupazione nelle persone che incontro.

“Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla” recita Lao Tsu. Ci voglio credere, voglio credere che questa farfalla aprirà presto le proprie ali.

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