MORPHINE OVVERO LA CURA DELLA NOTTE

di Massimiliano Venturini

Questo articolo è fuori tempo massimo. La data a cui guardiamo è il 3 luglio 1999 , quindi non è il caso di un anniversario e siamo in pieno inverno. Ma in fondo, le stagioni e gli anniversari poco hanno avuto a che fare con la musica e la vita di Mark Sandman, frontman dei Morphine, una delle band di culto degli anni Novanta.

Trio anomalo senza chitarra e con una voce di impronta baritonale e un sax baritono in organico: è l’esperimento di Sandman, che produce tre dischi con il nome Treat Her Right. La musica passa inosservata ma i semi di quello che verrà poi ci sono già: un blues-rock essenziale, svuotato delle sue emotività, ma arrangiato in maniera quasi da cocktail lounge.

Sandman viene affascinato dalle possibilità musicali degli strumenti africani ad una corda e decide di adattare il suo strumento di conseguenza: tastiera fretless e due sole corde, le più gravi. E’ il primo vagito dei nascituri Morphine ( a Boston nel 1992) una delle band più originali per verve compositiva, capace di unire una strumentazione di chiaro stampo jazzistico a un gusto compositivo che attinge a vari generei musicali, dal blues al rockabilly allo swing, fino alla new wave.

Il drumming plastico e inventivo di Jerome Deupree (sostituito poi da Billy Conway nel ’93), lancia raffinata e nervosa del sax baritono di Dana Colley e dal basso a due corde del cantante Mark Sandman, introverso crooner dai toni caldi e avvolgenti, danno vita ad un sound metronomico e allo stesso tempo oscuro e rarefatto, pregnante d’atmosfere noir.

Accostato a nomi come Nick Cave e Tom Waits, Sandman ha creato uno stile di canzone che ha poco o nulla a che fare col rock di quel periodo. Le sue composizioni in apparenza semplici rivelano una scrittura innovativa, complessa e complicata, che guarda decisamente al futuro, lavorando per sottrazione e dilatando gli spazi.

In musica il rigore geometrico e la precisione armonica sono la base dell’emozione e la musica dei Morphine ne è un esempio: i continui fraseggi di basso e sax reggono l’intera armonia spinta dalla batteria, in un gioco di simmetrie che intreccia fisicità e astrazione.

L’esordio sulla lunga distanza dei Morphine, Good (1992), è una pietra miliare, il primo capitolo di una trilogia di album a dir poco spettacolare. Un malinconico esistenzialismo aleggia sui brani dell’opera, fotografie sfocate di un presente mai così desolato, in cui l’individuo si perde in una solitaria e non troppo sobria contemplazione di bicchieri mezzi vuoti al bancone di un bar, vera poesia metropolitana.

“Good”, il primo brano, è quasi l’esemplificazione della poetica musicale dei Morphine: un riff di basso emerge dal silenzio aprendo una spirale narcotica di tamburi cui si unisce il sax, variando leggermente la frase del basso; la voce profonda di Sandman subentra poi balbettando un delirio erotico, mentre le percussioni aumentano d’intensità e il sax si fa più incisivo, creando zone d’aspra drammaticità. I Morphine si dimostrano maestri nello scolpire atmosfere notturne e rarefatte, sfruttando una tecnica compositiva originalissima e un organico a tre fra i più compatti e stravaganti mai visti.

Il successivo “Cure For Pain” esce nel 1993 e mostra una maggiore attenzione per la forma canzone rispetto al suo predecessore. il disco approfondisce lo studio sull’arrangiamento arricchendo la strumentazione, con trame sonore più compatte e un livello altissimo di ispirazione. Il blues energico e sincopato di “Buena” , l’esile melodia della velata “I’m Free Now”, il commovente lamento di “Candy” fino all’ariosa elegia di “Cure For Pain” e il boogie infernale di “Thursday” sono gioielli che sanciscono il successo del gruppo, con 300 mial copie vednute del disco.

Il terzo e ultimo capitolo della trilogia, “Yes”, viene pubblicato l’anno successivo. Ai tamburi arriva Conway e le atmosfere notturne cedono il passo a timbri più muscolari anche se non meno ispirati, toccando lidi industrial e metal (stile Black Sabbath) .

Like Swimming, ultimo album ufficiale del grupo, esce nel 1997 e sembra mostrare un calo di ispirazione. Dopo l’improvvisa scomparsa di Sandman durante un concerto a Palestrina ( RM), i due sodali decidono di pubblicare “The Night” registrato pochi giorni prima. Un album che rafforza l’attrazione del malinconico crooner per il lato oscuro della vita.

Non possiamo dire fino a dove si sarebbe spinta l’ispirazione di Marl Sandman, se avrebbe raggiunto la complessità metafisica dei suo numi tutelari. Sicuramente rimane l’istintiva e autentica fascinazione per quella parte dell’animo umano che ci chiama e ci invita ad aprire gli occhi dove non cade la luce.

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