NU JAZZ, LA CONFUSIONE DI UNO STILE

di Massimiliano Venturini

 

 

Dare etichette ai fenomeni artistici è un’impresa che richiede la dotta ignoranza dello storico e un pizzico di cinismo, per mantenere l’illusione della giusta distanza rispetto al movimento osservato. Accade specialmente per tutte quelle correnti non ancora nuove, ma per questo etichettate come “post” oppure, dagli anni Novanta, come “nu”.

Ed è successo anche al jazz e al suo passo evolutivo, il nu jazz. Un genere che ha estremizzato non tanto le tecniche improvvisative quando l’approccio della musica improvvisata, le sue – uh che parolone – contaminazioni con soprattutto elettronica e pop.

Difficile dare un anno zero: sicuramente dopo il 2010 possiamo parlare di nu jazz. Prima, ci troviamo di fronte ad incursioni che partono da sponde conosciute ( acid jazz, techno..) spingendo per allargare i confini espressivo-musicali attraversati.

Col nu jazz viene meno la ripartizione tra jazz ed elettronica: non ci sono due fasi o due livelli diversi del processo — tutto quanto è al tempo stesso il prodotto della compenetrazione tra due linguaggi. La batteria è drum’n’bass e terzinata; i bassi sono al tempo stesso liberi, eleganti e consapevoli dell’effetto di un bel subwoofer; le scelte melodiche sanno bilanciare immediatezza e fattore sorpresa, ricchezza armonica e ripetitività.

Il primo tassello del nu jazz è l’Idm, l’elettronica “da ascolto”, nelle sue molteplici declinazioni: la techno astratta (Autechre), i ritmi iper-segmentati di Squarepusher, il cut’n’paste preciso d Four Tet. Il jazz, poi, può essere fusion, funky, third stream, o un avant- light in odore di Ecm: dall’ottavo dritto magari, ma senza troppi radicalismi timbrico-espressivi.

Altro tassello importante, il minimalismo. Steve Reich, Philip Glass, Michael Nyman, ma anche Wim Mertens e Ludovico Einaudi. Ostinati, tempi dispari, stratificazioni in fase o fuori fase; oppure melodie cristalline, riverberi, atmosfere soffuse di facile presa: ogni spunto è ben accetto, per dar forma a musica piacevole, evocativa, vitale, sfidante.

La storiella dei jazzisti cresciuti col pallino della club music funziona comunque a spot. C’è chi alla formula nu arriva da una filogenesi math- (vedi i nostrani Satelliti), e ci sono alcune formazioni che al jazz giungono dai lati, con ricette che non sarebbero affatto fuori luogo in listoni post-rock. Per qualcuno (Jaga Jazzist, John Ghost) si potrebbe addirittura parlare di avant-prog; gente come il ceco Floex è talmente eclettica che richiederebbe un (o più di un) genere a sé.

Un discorso a parte per la cultura black, lontana dall’astrazione delle sensibilità europea proprio per la sua tendenza ad arricchire le istanze musicali soprattutto con le proprie radici culturali. Un panorama complesso, nel quale comunque vogliamo trovare un senso e una direzione. Del resto. Debussy e Ravel sono considerati esponenti dell’Impressionismo, eppure ciascuno ha preso le mosse da premesse antitetiche rispetto all’altro.

Il trombettista Nils Petter Molvaer, il proucer Eivind Aarset, il downtempo della Cinemtac Orchestra, le incursioni ethno degli Heliocentrics, il jazz mediorientale di Avishai Cohen.Sono alcuni dei nomi che fanno da manifesto a questo “nu”, nel tentativo di riportare – in maniera diversa rispetto alla lezione della trinità Parker- Coltrane- Coleman – il jazz al grande pubblico come merita.

Se i nomi appena citati rappresentano segnavia ineludibili per districarsi nel panorama contemporaneo, altri mettono senza dubbio in luce questo fenomeno musicale: ecco la Hidden Orchestra con i sui incastri jazz- techno e field recording ( Archipelago, 2012) , i GogoPenguin ( Man Made Object, 2016) che con la loro spiritualità ritmica sono gli esponenti più conosciuti di questo genere, i Portico Quartet con le loro mutazioni di organico, strumentali, melodiche.

Un primo colpo d’occhio per un genere che sta arrivando al grande pubblico, in attesa della next big thing della musica improvisata.

Non perdere i nostri aggiornamenti

    Elaboreremo i dati personali forniti in conformità con la nostra politica sulla privacy.

    Articoli Recenti